Nel ‘400
Col trattato di Torino del 2 dicembre 1427, il territorio di Vercelli veniva ceduto dal Visconti al Savoia; i diritti di confine erano sanciti lo stesso giorno proprio nel castello di Recetto, segno dell’importanza assunta dal sito al limite dei due stati. Veniva definita la posizione di Recetto dove il castello, il villaggio e il territorio con le pertinenze di dominio di Vercelli, anche se posti sulla sponda milanese del fiume Sesia, rimanevano sotto la piena giurisdizione di Amedeo VIII; viceversa non si giungeva al chiarimento del possedimento di Cassinale; ad esso si addiveniva solo sette anni dopo, con Lettere patenti del 14 ottobre 1434, attribuendo il dominio al Savoia e fissando con assoluta precisione i confini di Recetto e Cassinale.
Nell’atto è menzionato il castello ma non più il ricetto. Solo quando lo Sforza divenne duca di Milano si regolarono le questioni dei confini occidentali con Ludovico di Savoia: la pace di Milano, del 30 agosto 1454, sancì che i castelli di Recetto e Cassinale ritornassero sotto il dominio sabaudo; stessa dichiarazione si ripeté nell’accordo di Torino del 9 novembre 1467.
E’ presumibilmente in questo periodo, caratterizzato da lotte e calme apparenti, che l’espansione di Recetto si indirizzò in direzione diversa nord-sud, formando la nuova “villa” e abbandonando la direttrice est-ovest, come conseguenza delle tensioni vettoriali tra città e territorio, con l’opzione politica, economica e militare nei confronti della nuova città dominante (il tessuto era “tirato” nella direzione nuova per Vercelli, Sabauda, dopo quella verso Novara, Viscontea e Sforzesca).
Di conseguenza presso il nuovo insediamento si dovette erigere la chiesa per il popolo, sostitutiva della prima (che venne ubicata nel sito dell’odierno edificio dell’ex-confraternita di S. Caterina), che assommò i titoli di S. Maria e S. Domenico (la sua esistenza è già documentata nel 1459); l’antica chiesetta dedicata alla Madonna delle Nevi venne allora dedicata alla Madonna delle Grazie, almeno dagli anni verso il 1500 (di sicuro dal 1486).
Il ‘500
All’inizio del Cinquecento nuovi problemi interessarono l’area, allorquando una nuova presenza signorile venne ad insinuarsi nel tessuto sociale dei nobili, da secoli presenti in questa campagna.
Il 22 settembre 1513, Mercurino Arborio di Gattinara, riconosciuto discendente della casa Arborio, per ricompensa dell’opera svolta a favore della Casa Imperiale d’Asburgo, otteneva dall’imperatore Massimiliano, la concessione dei diritti feudali assieme al titolo comitale sui luoghi di Gattinara, Greggio, Arborio, Ghislarengo, Lenta, Recetto, Giardino, San Colombano, in cui viveva la sua vasta parentela, scompaginando i poteri.
In breve tempo si procedette alla ricognizione dei beni; quelli di Recetto il 5 giugno 1515 con precisa puntualizzazione delle proprietà nel fortilizio. Si deduce che esso era costituito da un recinto in muratura, circondato da fossato e con un torrione presso la porta d’ingresso e con all’interno 13 case coerenti fra loro, la via, la “plathea castri” e la “fovea castri”.
Il nuovo feudatario veniva ad assommare diversi poteri collocandosi a mezza strada fra l’alta sovranità del duca di Savoia e i diritti dei domini: il duca cedeva i poteri giurisdizionali e l’amministrazione della giustizia mantenendo solo le cause di terza istanza e inoltre cedeva i diritti minori che erano stati da molto tempo ad appannaggio dei nobili locali che ora restava loro la sola nuda proprietà delle case entro il fortilizio sottoposte però all’obbligo delle ricognizione feudale a scadenze saltuarie.
Fra ‘500 e ‘600
Il Contado fu poi innalzato a Marchesato il 19 settembre 1621; Recetto e Cassinale quali terre feudali del Gattinara, entrarono a far parte della provincia di Vercelli.
Nel 1556 la chiesa dei SS. Maria e Domenico di Recetto compariva ormai “unica chiesa parrocchiale” segno della piena funzionalità del nuovo insediamento a discapito del vecchio villaggio; inoltre già prima del 1573 ad essa era stato addossato, a est, l’oratorio dei disciplinati di S. Caterina.
Nell’atto di visita pastorale del 15 maggio 1591 la chiesa parrocchiale di S. Domenico (indicato il santo come unico titolare) e l’oratorio di S. Caterina erano segnalati in cattive condizioni ma prossimi ad essere riformati. Ancora nel 1601 la chiesa di S. Domenico mancava di sacrestia e la casa parrocchiale (che era contigua alla chiesa, separata da un vicolo) esigeva riparazioni.
Per quanto concerne, invece, il fortilizio due ricognizioni di quel periodo forniscono un quadro dettagliato.
Vi erano ancora case, ma anche spazi vuoti, canapifici, cantine e magazzini segno che parte degli edifici vertevano in rovina. Nelle ricognizioni si parla sempre di “castrum”, mentre il termine “recetto” compare nei documenti del Cinquecento e Seicento solo per indicare l’intera struttura e non una parte privilegiata di essa. E’ comunque indubbio che a partire dal 1515 esisteva un solo fortilizio denominato negli atti delle ricognizioni con il termine “castrum”.
Nel consegnamento del 25 gennaio 1666 il luogo era descritto “uno scito dirrochatto eccettuatto una casa della Compagnia di S.to Spirito, ove si fa annualmente la Carità, a quale confinano la ruggia del Comune tutto intorno”.
Stessa situazione nella ricognizione del 2 maggio 1684 registrato come “un sito tutto distrutto ecetto una Casa della Compagnia di Santo Spirito ove si fà annualmente la Carità, a quale coherentiano la roggia del comune tutto all’intorno”.
Dell’antica struttura fortificata rimase perciò solo parte del muro di cinta e il basamento del torrione quadrato d’ingresso che venne riadattato, presumibilmente dalla stessa Congregazione religiosa di S. Spirito ricavando una cellula edilizia ad uso caritativo.
Probabilmente a seguito di quei frangenti calamitosi venne eretta dalla Comunità nei punti di accesso del sistema viario del paese una cintura di cappelle votive: Ss. Trinità (nord), S. Rocco -due cappelle adiacenti o addossate fra loro sul lato sud; la seconda delle quali di piccolissime dimensioni e quindi presumibilmente più un’edicola votiva che una cappella aggiunta- (nord-est), altra inserita nel muro nord dell’antica chiesa di S. Maria delle Grazie nel 1665 (est), Madonna d’Oropa (sud-est) e SS. Fabiano e Sebastiano (sud).
La chiesa parrocchiale di S. Domenico e l’unito oratorio della Confraternita di S. Caterina finirono forse a loro volta per fungere da edifici votivi (verso ovest) visto che in quella direzione non si eresse cappella.
Il ‘700
Fu probabilmente allo scadere del primo decennio della seconda metà del Settecento che si procedette alla riplasmazione dei due edifici sacri centrali, compiendo inoltre il riordino urbanistico dell’area per adattarla a unico polo primario del paese.
Nel 1759 si costruì, infatti, nel sito del forno vicino alla chiesa di S. Caterina e del circostante vacuo con case diroccate, prospicienti la “piazza di sotto”, la nuova (odierna) chiesa parrocchiale intitolata nuovamente a S. Domenico e S. Maria , a direzione nord-sud e quindi non più “orientata”.
In attesa del suo completamento, il forno venne traslocato nella chiesa di S. Caterina che a sua volta andò a insediarsi in coabitazione a metà con la vecchia chiesa di S. Domenico. La vecchia parrocchiale, in seguito, passò interamente alla Confraternita di S. Caterina che la adattò a nuovo oratorio, rovesciandone l’orientamento in ovest-est ; inoltre, demolendo il vecchio antistante oratorio a est, se ne ricavò il sagrato; si ottenne così (rinunciando agli orientamenti) l’ortogonalità delle due chiese prospicienti “la piazza di sotto”, che divenne piazzale-sagrato denominato ancora oggi dialettalmente “piazza grande” (attuale piazza S. Domenico) per distinguerlo dalla “piazza di sopra” presso i resti del fortilizio (attuale piazza Castello) denominata dialettalmente “piazza pita” (piccola).
Venne anche abbattuta la cappella della Ss. Trinità al limite nord del paese (al termine dell’odierna via Cavour) presumibilmente per allargare l’imbocco della via stessa.
È probabilmente in tale frangente che venne pure intrapreso l’ingrandimento della vetusta chiesetta di S. Maria delle Grazie con l’erezione di un monumentale apparato absidale lasciato tuttavia allo stato rustico di muratura per motivi imprecisati (l’enorme dimensione fuori scala della struttura si spiega forse con l’intenzione di rendere grande memoria all’antico ruolo di parrocchiale o di venerare l’affresco della “Madonna con bambino” realizzato nel 1486 sopra l’altare dell’absidiola della chiesetta posta sul percorso della strada “pellegrina”).
Inoltre si procedette, presumibilmente nello stesso periodo, al limite nord-ovest del paese, presso la strada per Landiona e la Sesia, anche all’erezione della cappella di S. Giuseppe le cui motivazioni e modalità costruttive sfuggono allo stesso modo all’attenzione (si può rilevare che nelle facciate laterali est e ovest della cappella, in alto, sotto l’attacco della copertura, in prossimità dei quattro spigoli, vi sono murate lastre pseudoquadrate di pietra -una per ognun spigolo- con inciso il nome del benefattore o del committente -in tutto 4: I PIETRA BUSCA ANTONIO; II. BADINO VINCENZO; III. CAPELLA[N]O GIOVAN[N]I GUALLINO; IV. GIUSEPPE CHIARPOTTO).
Nell’800
Il distacco da Vercelli fu reso netto dalla bolla papale del 1° giugno 1803 che aggregò la parrocchia di S. Domenico di Recetto, nel quadro della riorganizzazione delle diocesi piemontesi, alla sede vescovile di Novara, in quanto situata su territorio del dipartimento dell’Agogna.
Caduto l’impero napoleonico, Recetto ritornò sotto la giurisdizione pastorale di Vercelli a seguito della bolla papale del 17 luglio 1817, ma amministrativamente rimase alla provincia di Novara. Nel 1836, Recetto, per appartenenza al Mandamento di Biandrate, ritornò alla provincia di Vercelli, con regio decreto del 10 dicembre 1836, fino al 1847, allorquando con nuovo decreto del 30 ottobre, il paese, con gli altri comuni del mandamento, fu di nuovo assegnato a Novara.
Da allora Recetto si trovò definitivamente separato da Vercelli nell’amministrazione, rimanendo però unito nei vincoli religiosi.
Tra ‘800 e ‘900
La chiesa parrocchiale veniva restaurata e decorata nel 1859, e nuovamente sottoposta a decoro nel 1892.
A riguardo dell’area del castello si evince che la proprietà era passata alla Parrocchia di Recetto, che a sua volta la mantenne fino al 1943; anno in cui, dopo diverse liti, fu ceduta definitivamente al Comune di Recetto con atto di permuta del 4 gennaio.
In seguito, nel 1969, con il completamento della fognatura e l’asfaltatura delle strade del paese si ebbe la necessità di abbattere anche la cappella dei SS. Fabiano e Sebastiano per allargare l’imbocco di via Roma.
Al riguardo, dunque, del castello-ricetto, se il viaggiatore fosse in condizione di retrocedere nel tempo, si troverebbe davanti, prima, la cinta e poi, all’interno, case in muratura; al di là del fossato e della porta d’accesso imboccherebbe la via interna e giungerebbe nella piazza e quindi alla “fossa”; lungo il percorso incontrerebbe le case nobiliari testimonianti la natura di castello popolato da “genthilomini del Recetto”; sarebbe pertanto di fronte ad una realtà complessa che oggi, a causa della violenta fine del 1636 per mano degli Spagnoli, è tramandata solo dall’ampio recinto pseudorettangolare, traendo in inganno chi non ne conosce le vicissitudini.
Pagina aggiornata il 24/07/2024